La mostra

In occasione del centenario dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, vorremmo offrire all’attenzione della cittadinanza e del pubblico, uno strumento di tipo divulgativo e nello stesso tempo di alta qualità sotto il profilo scientifico, che consenta una viva riscoperta di ciò che storicamente ricordiamo, unitamente ad uno stimolante approfondimento circa le implicazioni e le conseguenze che ha avuto sul mondo di ieri e su cosa può dire a noi oggi.

Mappa delle esposizioni

Mappa interattiva delle esposizioni

venerdì 30 ottobre 2015

Inaugurata la mostra a Giussano

Inaugurata sabato 31 ottobre alla presenza del sindaco Matteo Riva e con l’intervento dei fratelli Paolo e Luca Tanduo curatori della mostra, la mostra documentaria  La grande guerra, politica, chiesa, nazioni”.

In 33 pannelli ha detto presentando la mostra Flavio Galbiati, presidente del Circolo don Beretta “si ripercorrono le tappe principali del conflitto, mettendone a fuoco le cause, i protagonisti e le principali caratteristiche”, con una ricostruzione originale ed avvincente. Sono presentati i contenuti alla luce di quanto accaduto in seguito, con un’attenzione particolare alla posizione del mondo cattolico italiano.
La mostra è corredata da documenti e reperti che illustrano alcuni aspetti concreti della vita militare con un allestimento di Davide Tonicello, del Gruppo Alpini di Giussano.









Sara' possibile visitare la mostra fino al 6 Novembre

La mostra è organizzata dal Circolo culturale don Rinaldo Beretta di Giussano  





lunedì 19 ottobre 2015

DAL 24 AL 28 OTTOBRE LA MOSTRA A VANZAGO

DAL 24 AL 28 OTTOBRE LA MOSTRA A VANZAGO
Inaugurazione con conferenza Domenica 25 ore 10.30
seguiranno maggiori dettagli

domenica 4 ottobre 2015

Dal 31 la mostra a Giussano - Villa Mazenta

31 Ottobre - 6 Novembre 2015 Circolo culturale don Rinaldo Beretta Giussano - 31 ottobre ore 17  inaugurazione Giussano Piazza san Giacomo - Villa Mazenta

martedì 4 agosto 2015

La mostra a settembre a Corsico

Dal 3 settembre al 14 settembre la mostra è stata esposta a Corsico presso l'Oratorio.
Presentato anche il plastico delle trincee da oggi disponibile insieme alla mostra



sabato 23 maggio 2015

100 anni fa l’Italia entrava nella Grande Guerra


24 Maggio 1915 l’Italia entrava nella Grande Guerra. La guerra era iniziata già nell’agosto 1914 ma l’Italia fino ad allora legata alla Triplice alleanza con l’Austria-Ungheria e la Germania, non aveva ancora deciso l’ingresso in guerra.

Come sosteneva Filippo Meda, politico cattolico di spicco “Quanto al dovere internazionale, è chiaro che se la Triplice ha carattere difensivo, sinora non si può dire che Austria e Germania siano attaccate da alcuno […] la neutralità a questo punto del conflitto sembra non sia solo giustificata ma doverosa.” L’Italia era in gran parte favorevole alle posizioni neutraliste: lo erano i liberali giolittiani, lo erano i socialisti ufficiali e gran parte del mondo cattolico, anche se nel mondo cattolico in misura minoritaria c’erano posizioni filotripliciste e interventiste. Giolitti sosteneva la politica del «parecchio», quel parecchio che l’Italia avrebbe potuto ottenere dall’Austria tramite negoziati sulla questione delle terre irredente.

In Italia l’interventismo era appoggiato invece da varie forze politiche e culturali:

– i nazionalisti, che rappresentavano l’emergente classe borghese;

– i repubblicani d’ispirazione mazziniana e anti-austriaca;

– i liberali non giolittiani che facevano capo a Sonnino, ministro degli Esteri, e Salandra, che

prenderà le redini del Governo proprio a partire dal 1914;

– molti giornali, fra cui in prima fila il «Corriere della Sera»;

– la massoneria italiana,

C’erano infine le ragioni dell’irredentismo, fenomeno legato agli italiani ancora sotto l’Impero austro-ungarico, che reclamavano come diritto chiedere il ritorno delle città di Trento, Trieste e Gorizia all’Italia.

Il ruolo della Chiesa e di Benedetto XV
Papa Benedetto XV fin da subito fu una delle personalità più impegnate nel cercare la pace e sempre contraria alla guerra che definì il “suicidio dell’Europa civile” e “un inutile strage”. Il suo impegno non fu solo diplomatico ma si preoccupò di alleviare le sofferenze delle popolazioni europee più colpite dalla guerra. Il Vaticano organizzò operazioni per fornire generi alimentari: situazione particolarmente critica furono quella della Polonia e del Belgio e in seguito quella della Germania e l’Austria-Ungheria che subirono il blocco navale. La forte carenza di cibo a causa del blocco segnò sia la popolazione tedesca sia i prigionieri detenuti in quei territori. Si è stimato che Benedetto XV abbia speso in opere caritatevoli 82 milioni di lire dell’epoca. Nella primavera del 1915 venne istituita l’Opera dei prigionieri: dall’Archivio Vaticano risulta che vi furono 700 mila richieste di informazione, 40 mila richieste di rimpatrio dei prigionieri malati, 500 mila comunicazioni alle famiglie. Alla fine della guerra il Vaticano avrà smistato 600 mila plichi di corrispondenza e predisposto la ricerca di 170 mila persone. Furono inviati i nunzi apostolici e i vescovi a visitare i prigionieri nei campi di prigionia.
 
Il Papa cerca di evitare ingresso dell'Italia in guerra
Nonostante i tentativi di trovare una soluzione diplomatica alla questione delle terre irredente che permettesse all’Italia di mantenere una posizione di neutralità, né l’Austria né il Governo italiano erano realmente interessati a evitare la guerra. Sonnino, allora ministro degli Esteri, era contrario a una risoluzione pacifica: «Ci metteremo forse in mano al Papa. L’Austria, che nel giorno in cui si risolvesse a fare concessioni, si studierebbe di farla nella forma più avvilente e fare le concessioni attraverso la Santa Sede» (Diario 1866-1912, Laterza, Bari 1972). L’imperatore Francesco Giuseppe non accettò nemmeno di ricevere il 1° marzo 1915 il cardinale di Vienna Friedrich Gustav Piffl, inviato dal Papa come estremo tentativo per favorire un accordo.
Come scrisse Von Bülow, ambasciatore tedesco in Vaticano, «Con saggezza e bontà papa Benedetto XV operava in pro della pace. Egli desiderava la conservazione dell’Impero austro-ungarico ma riconosceva che la guerra poteva essere evitata soltanto se l’Austria non indugiasse a sacrificare almeno il Trentino. Il Papa, che amava l’Italia, augurava l’adempimento delle aspirazioni nazionali italiane».
 
 
La Politica
Il 3 maggio 1915 l’Italia denunciava la Triplice alleanza tramite una nota inviata al Governo di Vienna da Sonnino, il quale il 4 maggio firmava l’accordo segreto con le forze dell’Intesa: il cosiddetto «Patto di Londra». Il trattato, che rimarrà segreto fino al 1917, fissava i compensi territoriali per l’intervento dell’Italia a fianco di Inghilterra, Francia e Russia. Il 9 maggio 1915 Giolitti rientrò a Roma dopo tre mesi di assenza. Il 10 maggio propose a Salandra di liberare l’Italia dagli impegni con l’Intesa, chiedendo al Parlamento di votare per la ripresa delle trattative con l’Austria che aveva promesso un nuovo accordo. Il 12 maggio 1915, 320 deputati e un centinaio di senatori lasciarono a casa di Giolitti il proprio biglietto da visita per sottolineare pubblicamente la loro adesione alla linea neutralista. Il 13 maggio 1915 Salandra presentava al Re le dimissioni del Governo ma il 16 maggio, sull’onda delle violente dimostrazioni interventiste in molte città italiane, egli le respinse, senza che su di esse si fosse svolto un dibattito parlamentare. Giolitti lasciava Roma senza attendere il voto del Parlamento. I socialisti ribadivano la fedeltà al principio della neutralità (18 maggio 1915).
Il 20 maggio 1915, sotto la pressione delle dimostrazioni interventiste, la Camera approvava con 407 voti favorevoli, 74 contrari e un astenuto il disegno di legge Conferimento al Governo del Re di poteri straordinari in caso di guerra (n. 423). Approvato all’unanimità dal Senato il 21 maggio, divenne legge il 22 maggio 1915 (n. 671). A seguito dell’approvazione, la Camera prorogava i suoi lavori al dicembre 1915. Il Paese e un parlamento sostanzialmente favorevole alla neutralità furono spinti alla guerra loro malgrado.
I cattolici organizzati cercarono di far convivere l’adesione al messaggio di pace del Papa e la partecipazione allo sforzo dello Stato ormai in guerra. La linea era quella di appoggiare la guerra, tenendo chiara la distinzione sulle responsabilità dell’intervento.
Respingendo le accuse dei socialisti, Meda ricordava che i principi di fratellanza che stanno alla base del cristianesimo «condannano la violenza dell’uomo contro l’uomo, dei popoli contro i popoli, condannano l’odio fra le classi come tra le Nazioni: ma essi non impongono di subire la violenza quando si manifesta, di lasciare all’odio libero campo di espansione; invece conferiscono agli uomini, ai popoli, agli Stati, il diritto, che socialmente può tradursi in dovere, di rivendicare con forza la giustizia ».
 
Le battaglie
Tra il maggio 1915 e l’ottobre 1917 ci furono dodici grandi battaglie contro l’esercito austro-ungarico che provocarono tra italiani e austro-tedeschi 410 mila vittime (senza contare il numero dei feriti). L’Italia fu impegnata anche nella cosiddetta Guerra Bianca. È stata chiamata così quella parte del conflitto che ebbe come teatro le cime e i ghiacciai dell’Ortles-Cevedale e dell’Adamello e che vide scontrarsi gli Alpini e i Kaiserjäger. La battaglia del Pasubio fu una delle più sanguinose: durò dal 1915 al 1918, la combatterono 100 mila soldati italiani e austriaci, di cui 10 mila morirono in combattimento, per malattie e incidenti o travolti da valanghe.
 
Le donne
Nelle parrocchie italiane ci s’impegnò a raccogliere e preparare coperte, lenzuola, maglie e calze di lana, viveri, denaro per i soldati al fronte e per quelli prigionieri. In quest’operazione si impegnarono particolarmente le organizzazioni delle Donne Cattoliche. Le donne furono anche protagoniste nell’assistenza  ai soldati come crocerossine  porgendo loro conforto e aiuto negli ospedali e nei reparti medici. Nell’inverno 1915-16 i soldati italiani avevano ancora i vestiti estivi e centinaia ebbero gli arti congelati.
Il ruolo sociale delle donne crebbe anche a seguito del fatto che furono chiamate a sostituire gli uomini nelle fabbriche, 430.000 in Francia, 800.000 in Gran Bretagna, 180.000 in Italia.
 
Il Trentino
Particolarmente tragica fu la sorte alle popolazioni del trentino, Nel 1915, allo scoppio della guerra tra Italia e Impero asburgico, il fronte arrivava in Trentino: furono così molti gli abitanti dei paesi coinvolti a dover abbandonare le loro case. L’impero asburgico inoltre, temendo il loro tradimento, ne ordinò l’allontanamento forzato. Il provvedimento riguardò 75 mila trentini, ma anche le popolazioni dell’Isonzo e delle coste adriatiche, circa 120-140 mila tra italiani, friulani, sloveni, dalmati, croati e galiziani. In totale, 500 mila profughi vennero ricoverati in campi fatti di capanne di legno dislocati in diverse località dell’Impero. I parroci si opposero fortemente allo smembramento delle comunità, convincendo le autorità del luogo a costruire delle vere e proprie città di legno per gli sfollati trentini.
 
 
Caporetto
Un'altra popolazione italiana particolarmente colpita sarà dopo la ritirata di Caporetto quella Veneta che subì la rovinosa ritirata italiana e l’occupazione austriaca per più di un anno. Ci furono 487.311 profughi scappati senza niente, chi rimase subì bombardamenti, fame e violenza, sia durante la fuga dell’esercito italiano sia durante l’invasione austriaca. Solo i parroci e i Vescovi rimasero loro a fianco in questa prova.
 
 
La pace nella Chiesa
Nei secoli il ruolo del Pontefice è cambiato, assumendo sempre più quello di mediatore e facilitatore del dialogo. Così anche la lettura della guerra, da punizione per essersi allontanati da Dio, con carattere purificatore, a «inutile strage». «Il progresso delle armi scientifiche ha enormemente accresciuto l’atrocità della guerra. Le azioni militari possono produrre distruzioni immani e indiscriminate, che superano pertanto di gran lunga i limiti di una legittima difesa» e ha posto quindi la Chiesa «a considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova». «Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione » (Gaudium et Spes, n. 80). Troppo forte appare la sproporzione tra mezzi e fini e il coinvolgimento dei civili pone il problema dell’uccisione o del ferimento di moltissimi innocenti.
Luca e Paolo Tanduo

Curatori del libro “La Grande Guerra. Politica Chiesa Nazioni” edizioni LINDAU

Il libro accompagna una mostra itinerante a cui hanno contribuito con immagini i più importanti musei italiani sulla Grande Guerra.
http://lagrandeguerra-cccsanbenedetto.blogspot.it/